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Le ragioni per le quali una persona decide di avvicinarsi per la prima volta alla meditazione possono essere molte: trovare una maggiore pace interiore, imparare a godersi meglio il momento presente, riuscire ad avere una maggiore consapevolezza, sconfiggere lo stress e le ansie del quotidiano. La meditazione può davvero aiutare in tutti questi aspetti e, a seconda del proprio obiettivo personale, si può preferire un tipo di meditazione a un altro: esistono, infatti, molte tradizioni diverse, spesso centenarie o millenarie, di pratica meditativa. Una di queste è la meditazione zen, o zazen.

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Non chiamatela filosofia: i fondamenti dello zen

Quella che oggi viene spesso utilizzata, ovvero la meditazione zen, è in realtà una definizione impropria: nonostante sia spesso conosciuta in questo modo, il nome corretto di questa pratica meditativa è quello di “meditazione Zazen”, che trova origine all’intero del pensiero Zen.

candele zenL’origine del nome di questa pratica meditativa è indicativa di quanto la sua storia sia antica e la sua evoluzione sia frutto di incontri tra culture. Zen è la pronuncia giapponese del carattere cinese “Chan” (禪), che a sua volta deriva dal termine sanscrito “Dhyana“. Il suo significato letterale è “visione”, ma nel tempo ha assunto varie sfumature di significato e oggi può essere interpretato come “meditazione”, intesa non come pratica vera e propria, ma come lo “stato di perfetta equanimità e consapevolezza” che deriva dalla pratica meditativa.

Rispetto al concetto occidentale di meditazione, infatti, la meditazione orientale ha sfumature molto diverse: in Occidente meditare significa perlopiù riflettere, concentrare il pensiero e la mente razionale sulla comprensione di un pensiero.

Nelle filosofie orientali, la meditazione è un processo per certi versi opposto: è la ricerca di una profonda verità e consapevolezza, attraverso l’esclusione del pensiero razionale.

Nel Buddismo, nell’Induismo e nel Jainismo la meditazione era considerata una pratica necessaria per raggiungere l’illuminazione (che a seconda della religione era vista come perfetta purezza mentale, ricongiungimento con Dio oppure apertura del terzo occhio).

Si tratta quindi di una credenza che ha radici molto lontane nel tempo e varie declinazioni geografiche. Anche questa sua diffusione ed evoluzione rende difficile spiegare che cos’è lo zen: non è corretto definirlo né una religione, né una filosofia, anche se può somigliare molto a entrambe.

Lo si può piuttosto interpretare come una forma mentale, uno stato dello spirito che non ha né tempo né luogo e che dipende dall’intuizione; una metodologia dello spirito, della coscienza e della mente.

Lo zen è una via che porta al “qui ed ora”, il quale è anche obiettivo finale della meditazione stessa. Attraverso questa percezione dell’esistenza, semplice, concreta e diretta, si può arrivare all’illuminazione, ovvero ad avere esperienza della natura vera della vita, una sorta di Verità che però non può essere spiegata a parole o tramite il pensiero logico e razionale, ma soltanto conosciuta attraverso l’esperienza diretta.

Una definizione attraverso la quale possiamo provare a interpretare lo zen ci arriva direttamente da Bodhidharma, il monaco indiano considerato fondatore della scuola Zen, il quale afferma che si tratti di “una speciale tradizione esterna alle scritture, non dipendente dalle parole e dalle lettere, che punta direttamente al cuore dell’uomo, che vede dentro la propria natura e diviene Buddha”.

Essere zen significa quindi sperimentare l’attimo presente con gratitudine e prendere piena consapevolezza della connessione di ogni cosa del mondo, compresi se stessi, superando così i conflitti interiori scaturiti dall’attaccamento alle cose materiali. Nella consapevolezza di essere parte del flusso dell’Universo, lo zen porta alla pace interiore.

Cos’è la meditazione zen

La meditazione zazen prende il nome dalla posizione assunta dal Buddha Shakyamuni nel momento in cui ha raggiunto l’illuminazione: si tratta della classica posizione consigliata durante le pratiche meditative da seduti, ovvero a schiena dritta e gambe incrociate.

Originaria nell’antica India, la meditazione zen punta al raggiungimento dell’illuminazione, ovvero alla piena coscienza del mondo, attraverso l’equilibrio tra la mente e il corpo, pertanto viene praticata in una posizione comoda da mantenere a lungo, che favorisce la concentrazione e la percezione di sé. Questa armonizzazione avviene tramite il respiro, che nelle culture orientali ha grande importanza: viene considerato con una profonda connessione con l’energia vitale.

La meditazione zazen è dunque la via dell’espressione dello zen ed è la ricerca della verità attraverso il rilassamento totale del corpo e della mente, fino a raggiungere l’illuminazione.

Il “qui ed ora” della meditazione zen

Percepire il momento presente durante la pratica della meditazione zen, come abbiamo visto, è un atto che si riempie di significato. Si tratta di un percorso di consapevolezza che muove dall’attaccamento al mondo materiale alla graduale eliminazione delle sovrastrutture mentali, per arrivare alla piena comprensione della verità assoluta, ovvero l’illuminazione: questo termine lascia intendere come non sia importante, nella cultura zen, definire questa verità, ma percepirla come esperienza unica e soggettiva, non descrivibile.

Quando si sperimenta se stessi e il mondo attraverso la visione zen, si diviene consapevoli di far parte di un tutto e di doversi percepire come individui singoli e separati dal resto dell’universo.

In questa prospettiva, lo zen porta ad astrarsi e a sfidare gli schemi mentali nei quali risiedono le nostre sicurezze. Noto anche come “la cultura del non essere”, lo zen porta ad astrarre se stessi e adottare una visione nuova, completamente diversa e priva di attaccamento a tutto ciò che è materiale.

Questa visione è accompagnata da alcuni paradossi che descrivono lo zen:

• Lo Zen non è niente ed è tutto allo stesso tempo
• Lo Zen è vuoto e pieno
• Lo Zen circonda tutto ed è circondato da tutto
• Lo Zen è l’inizio e la fine.

Questi paradossi possono essere compresi soltanto abbandonando la mente analitica e razionale attraverso la quale siamo abituati a percepire e giudicare il mondo, per lasciare spazio alla percezione guidata dall’intuizione.

Prepararsi alla meditazione zen

Quando ci si avvicina per la prima volta alla meditazione, si può trovare difficoltà a rilassarsi e concentrarsi soltanto sul proprio respiro. Abituati alla frenesia quotidiana e a lanciare la mente costantemente verso il futuro oppure verso il rimuginio su ciò che è accaduto nel corso della giornata, può essere arduo svuotare la mente all’improvviso. Può sembrare strano, eppure ci si rende conto che non fare nulla – e, soprattutto, non pensare a nulla – può risultare estremamente difficile.

Con la pratica regolare della meditazione, tutto ciò diventa più facile, ma ci sono anche degli accorgimenti che è possibile mettere in atto per facilitare questo processo, soprattutto le prime volte.

Primo fra tutti, la scelta di un luogo che sia effettivamente adatto: deve essere un luogo percepito come accogliente e rilassante, nel quale ci si sente a proprio agio e senza la presenza di molti stimoli esterni, come rumori, che sarebbero costante fonte di distrazione.

Per favorire il rilassamento e la giusta predisposizione mentale, anche l’abbigliamento conta: l’ideale è indossare qualcosa di morbido e comodo, che non comporti costrizioni che si trasformerebbero in frequenti distrazioni. Per questo i vestiti in fibre naturali sono i più adatti alla meditazione, mentre lo sono meno i tessuti sintetici. Per sentirsi completamente rilassati nella posizione assunta, è consigliabile inoltre evitare di indossare scarpe o ciabatte e meditare a piedi scalzi.

Inoltre, esistono momenti ideali e altri meno adatti a praticare la meditazione: ad esempio, dopo pasti abbondanti è più difficile riuscire a concentrarsi, mentre la sonnolenza è in agguato. Prima di meditare è meglio mangiare leggeri, per percepire le sensazioni del proprio corpo nel pieno del suo benessere e in naturalezza.

incenso meditazione zenAl contrario di altre forme di meditazione, come quella vipassana, che considera il rilassamento soltanto un effetto secondario dell’indagine profonda delle proprie sensazioni fisiche, la meditazione zen considera il rilassamento come uno degli obiettivi, o quantomeno dei mezzi per raggiungere l’illuminazione. Di conseguenza, gli strumenti che possono favorire il rilassamento sono consigliati, come musiche particolarmente rilassanti, incensi o candele profumate.

Per rendere la posizione meditativa ancor più comoda e riuscire a mantenerla a lungo è possibile utilizzare uno zabuton o uno zafu, i tipici cuscini per la meditazione utilizzati tradizionalmente nelle case giapponesi e oggi diffusi in tutto il mondo prevalentemente per la meditazione.

La posizione più diffusa per praticare la meditazione zen è quella del loto, con le gambe incrociate e ciascun piede appoggiato sulla coscia opposta. Se, però, trovi scomoda questa posizione, puoi assumere quella del mezzo loto, con un solo piede appoggiato sulla coscia opposta e l’altro appoggiato a terra.

Se opti per questa posizione, ricorda di cambiare regolarmente il piede appoggiato a terra. In alternativa puoi assumere una posizione ancor più semplice ovvero la posizione birmana, con le gambe incrociate ed entrambi i piedi appoggiati al pavimento. Se riesci, puoi appoggiare al pavimento anche le ginocchia.

Tutte queste varianti sono adatte alla meditazione perché permettono di mantenere grande stabilità, con la schiena ben dritta, e allo stesso tempo di non doversi concentrare su parti del corpo da mantenere in tensione: i muscoli si possono rilassare, così come la mente.

Come praticare la meditazione zen: le tecniche

A questo punto, la pratica meditativa può iniziare. Una volta assunta la posizione che ritieni più comoda per praticare la meditazione zen, chiudi gli occhi. Porta la mano destra all’altezza dell’ombelico e tienila aperta, con il palmo verso l’alto. Porta la mano sinistra su quella destra, nella stessa posizione, con i pollici che si toccano. Durante la meditazione puoi appoggiare entrambe le mani, sempre sovrapposte, in grembo.

A questo punto, assicurati che anche tutta la schiena sia nella giusta posizione: mantenendo gli occhi chiusi e la concentrazione sul respiro, inizia lentamente a raddrizzare la schiena a partire dai lombi e poi su, fino alla zona cervicale. Immagina che la tua schiena sia una montagna che si erge verso l’alto, o il pilastro di un tempio. Oppure, prova a immaginare un filo invisibile che si allunga sopra la tua testa e tira la colonna vertebrale verso l’alto. Mantieni le spalle rilassate e i gomiti leggermente allargati rispetto al bacino.

Ora inizia a lavorare sulla respirazione, rendendola più lenta e profonda. Concentra la tua attenzione sulla testa e immagina che tutta la stanchezza, lo stress, la fatica, la rabbia, il nervosismo, le preoccupazioni e, in generale, ogni sensazione negativa siano una sostanza che lentamente lasci scivolare verso il basso, lungo il tuo corpo. Lascia che i pensieri ti attraversino e porta la tua attenzione sulla respirazione per ritrovare la calma e mantenere la concentrazione.

Alla fine della meditazione, le mani si avvicinano al petto e quella destra afferra il pugno sinistro. Alzati lentamente ed esegui una passeggiata lenta, scandita da ogni passo: questa pratica conclusiva, chiamata Kinhin, serve a mantenere la calma raggiunta e ad abbandonare con gradualità la pratica meditativa.

Le prime volte la meditazione può durare anche solo pochi minuti, per poi venire prolungata per trenta minuti o più. I benefici, ad ogni modo, sono già percepibili dalla prima esecuzione, per poi aumentare gradualmente con la pratica ripetuta. Il segreto per fare della meditazione una disciplina davvero in grado di cambiare la propria vita, infatti, è la costanza: poco a poco, le proprie abilità migliorano, la capacità di concentrazione e di calma si manifestano anche nel corso della giornata, rendendo migliore la gestione della quotidianità.

Come si fa la respirazione zen

La respirazione è uno degli elementi più importanti nella meditazione zen: è importante praticarla in modo corretto, poiché è attraverso essa che si sviluppa il processo di concentrazione e di contemplazione, nonché il rilassamento necessario.

La respirazione zazen è lenta e profonda: mentre respiri, tieni gli occhi chiusi e presta attenzione ai movimenti del tuo corpo che assecondano l’inspirazione e l’espirazione. Respira sempre con il naso, mantenendo la bocca chiusa. Di volta in volta, troverai sempre meno difficile concentrarti soltanto sulla tua respirazione, senza farti distrarre dai pensieri e dagli stimoli esterni.

Non costringerti ad assumere il ritmo della respirazione che desideri: lascia che esso si svolga come un processo naturale e che gradualmente si adatti in modo spontaneo, presta attenzione senza giudicare né agire in modo forzato su di essa. Deve essere un processo che osservi, più che qualcosa che “fai” in modo attivo e razionale.

Storia e origine della meditazione giapponese

La storia della meditazione zen, o zazen, è simile a quella di molte altre forme di meditazione: la sua nascita è avvenuta migliaia di anni fa e la pratica si è evoluta nel corso dei secoli, passando di generazione in generazione e attraverso le evoluzioni geografiche.

postura zenLe origini di questa pratica meditativa risalgono al VI secolo a.C: è questo il periodo nel quale il Buddha Shakyamuni ha raggiunto l’illuminazione, praticando meditazione seduto nella postura del Buddha, la postura zazen, che ha poi dato nome anche a questa forma di meditazione.

Nel V d.C. secolo, questa pratica meditativa ha raggiunto la Cina, tramandata dal monaco Bodhidharma, e qui iniziò a diffondersi con il termine Zen. Per arrivare al pieno sviluppo della meditazione zen così come la conosciamo oggi, però, occorre attendere il XIII, quando questa tradizione meditativa approda in Giappone.

Qui, il maestro Dogen contribuisce alla sua diffusione e la meditazione zen viene rielaborata, influendo in modo notevole sulla cultura giapponese, dal codice comportamentale dei samurai a quello della vita sociale, fino a influenzare riti, usanze, espressioni architettoniche e culturali.

La meditazione zen si lega dunque indissolubilmente alla cultura giapponese, divenendone espressione, così come il pensiero zen.

I mantra nella meditazione zen

Il profondo legame che si instaura tra mente e corpo durante la meditazione zen e l’influenza che esercitano l’uno sull’altra sono rappresentati da una particolare tecnica che può essere accolta durante la pratica meditativa, ovvero la ripetizione di un mantra.

Un mantra è un suono, talvolta una parola o una breve frase, che ha il potere di guidare la mente e di ricongiungerla, attraverso le vibrazioni emesse durante la produzione del suono, al corpo. Vediamo come.

Grazie alla modalità di emissione del suono, i mantra sono detti suoni vibrazionali. Emessi in modo profondo, essi producono una vibrazione che non coinvolge soltanto gli organi vocati alla produzione del suono, ma si diffondono anche nel resto del corpo. Il mantra risveglia la coscienza più profonda del proprio io, facendo da amplificatore spirituale e aiutando la persona che lo pronuncia in ripetizione durante la pratica meditativa a raggiungere l’illuminazione.

L’origine del termine mantra è molto antica ma anche molto suggestiva: si tratta di una parola sanscrita che può essere tradotta come “pensiero che offre protezione”. Da qui emerge in modo evidente come il mantra sia carico di significato spirituale all’interno della tradizione zen. È un veicolo del pensiero, uno strumento che aiuta a portare la mente sulla via dell’illuminazione.

Il potere del mantra è tale per cui i suoi effetti si manifestano anche quando si recita un mantra antico, in sanscrito, senza comprenderne le parole: il suo potere risiede infatti nella lenta e continua ripetizione che consente alla mente di espandere la propria capacità di concentrazione.

Al di là della connotazione spirituale, il mantra funge un po’ come una litania o una ninna nanna: è un suono che ha il potere di calmare, allontanare lo stress e i pensieri, riportando nella mente una sensazione di pace e di armonia con il momento presente.

Come scegliere il giusto mantra

Esistono moltissime tipologie di mantra, ognuna con uno scopo diverso. La scelta del mantra da ripetere può avere quindi un fondamento spirituale, tenendo conto del fatto che ogni parola ha un differente potere. La scelta, in questo caso, potrà ricadere su un mantra tradizionale, la cui forza risiede anche nella sua antichità e nell’antichità della lingua che lo ha prodotto.

Non è importante, infatti, ripetere il mantra nella propria lingua, ma affinché esso possa esprimere il suo pieno potenziale nel guidare la mente è importante sapere cosa significa. Ci si dovrà infatti sentire affine a quel pensiero, si dovrà avere il desiderio di perseguirlo affinché la ripetizione risulti davvero efficace.

La scelta potrà anche essere guidata da altri fattori, non strettamente spirituali: proprio perché ci si deve sentire affine al mantra dal quale si sceglie di farsi guidare, sarà utile che esso abbia un buon suono, che risulti piacevole alle orecchie. Anche la modalità di ripetizione è importante: il mantra dovrà essere pronunciato lentamente, senza fretta, con ritmo regolare e con un tono di voce contenuto, che risulti spontaneo. La ripetizione del mantra, infatti, non deve richiedere sforzi da parte della mente razionale.

I benefici della meditazione zen

Come ogni forma di meditazione, anche la meditazione zen è in grado di offrire dei benefici che dalla mente si estendono al corpo. Il legame tra corpo e mente è uno dei fondamenti di ogni tipo di meditazione: le pratiche meditative richiedono infatti la concentrazione sulla respirazione, o sulle sensazioni derivanti da specifiche parti del corpo, per placare e plasmare la mente.

Il cervello durante la meditazione

Tra meditazione, benessere psichico e benessere fisico esistono legami molto profondi, indagati dalla scienza. È interessante analizzare ciò che accade già durante la pratica meditativa: uno studio condotto da due scienziati giapponesi, Akira Kasamatsu e Tomio Hirai, ha permesso di analizzare con un’elettroencefalografia l’attività cerebrale di 48 monaci buddisti impegnati in sessioni di meditazione zen.

Dal monitoraggio è emerso che durante la pratica meditativa il cervello inizia a produrre onde alfa, ovvero gli impulsi prodotti durante il rilassamento e il sonno. Queste onde sono apparse nei monitoraggi sia nei momenti in cui i monaci erano in meditazione ad occhi chiusi, sia quando meditavano ad occhi aperti. Le onde alfa lasciavano poi il posto alle onde theta, solitamente presenti durante le fasi di sonno più leggero. La meditazione, dunque, è in grado di produrre un effettivo rilassamento e di favorire il riposo della mente.

Durante la meditazione non si arriva a produrre le onde che caratterizzano gli stati del sonno profondo, ma le variazioni delle onde cerebrali riflettono i diversi momenti della meditazione e i rispettivi diversi stadi della concentrazione.

La meditazione zen ha anche altri effetti positivi che riguardano il cervello, e che diventano particolarmente importanti in età adulta: uno studio ha rivelato che esiste una stretta correlazione tra la perdita di volume della materia grigia legata all’età e la meditazione. Chi pratica meditazione zen, infatti, mostra di avere una riduzione di materia grigia più lenta rispetto a chi, invece, non pratica alcuna forma di meditazione.

Lo studio è stato condotto mettendo a confronto 13 persone impegnate in pratiche regolari di meditazione zen e un gruppo di confronto di 13 persone che non praticavano la meditazione. I pazienti che praticavano la meditazione zen, inoltre, hanno mostrato una maggiore capacità di mantenere a lungo la mente concentrata.

I benefici psicologici della meditazione zen

La meditazione zen ha come scopo il raggiungimento dell’illuminazione, ovvero di una visione piena e consapevole della realtà. La sua pratica, però, ha “effetti collaterali” decisamente positivi che riguardano la mente e il corpo e che si traducono anche in una qualità migliore della vita e delle relazioni interpersonali.

Migliore conoscenza di sé

Favorendo la capacità di concentrarsi liberando la mente, la meditazione aiuta a sviluppare una profonda conoscenza di sé e a imparare a concentrarsi sull’ascolto delle proprie sensazioni e dei propri pensieri. Migliorando il dialogo interiore e la capacità di indagare il proprio animo, la meditazione zen aiuta a prendere migliori decisioni nella vita, con un visione più lucida di ciò che si desidera e la capacità di analisi escludendo tutti i “rumori di fondo”, ovvero tutti quei pensieri che possono creare dubbi, confusioni, rendere difficoltosa una scelta.

Maggiore empatia verso il prossimo

È stato inoltre dimostrato che la meditazione zen, come del resto molti altri tipi di meditazione, aiuta a sviluppare maggiori capacità empatiche. L’empatia, ovvero la capacità di immedesimarsi negli altri calandosi nella loro situazione o nel loro stato d’animo, è fondamentale per la costruzione di rapporti umani e per le relazioni sociali.

Sviluppare maggiori capacità empatiche può essere utile in ogni persona, ma soprattutto in soggetti che non hanno doti innate particolarmente spiccate o che, per questioni legate alla fase della vita nella quale si trovano, sono naturalmente tendenti a perdere questa inclinazione. Ciò accade soprattutto quando si entra nell’età più matura: l’empatia, negli anziani, tende a farsi meno spiccata e ciò mette a rischio anche la loro possibilità di ricevere adeguato supporto e sostegno all’interno della cerchia sociale.

Oppure, pensiamo a quelle persone che per lavoro devono avere grandi capacità empatiche, ma anche l’abilità a non farsi travolgere dalle emozioni altrui, come psicologi, personale medico, chi si occupa di assistenza alla persona e che, in generale, lavora in ambito sanitario: in queste professioni l’empatia è fondamentale, ma lo è anche la capacità di scaricare lo stress accumulato durante il giorno e di allontanarsi mentalmente dai problemi dei propri pazienti quando non sono sul luogo di lavoro. La meditazione zen aiuta a sviluppare entrambe queste competenze, traducendosi in un miglior equilibrio psicofisico.

La meditazione zen contro ansia e stress

E, a proposito di stress, è proprio per contrastare questo problema sempre più diffuso nella società moderna che molte persone si avvicinano per la prima volta alla meditazione zen. La pratica meditativa regolare, infatti, rientra tra i rimedi più efficaci per contrastare lo stress e anche i sintomi dei disturbi ansiosi.

Le prove scientifiche a riguardo, sono già state documentate nei decenni passati, quando la meditazione zen ha iniziato a diffondersi permeando in culture che non le erano proprie, come nel mondo occidentale. È del 1976 un interessante studio che mostra i cambiamenti nei sintomi ansiosi di un paziente monitorato durante tre settimane di pratica meditativa zen.

In questo caso, il soggetto soffriva di un disturbo d’ansia generalizzato e lamentava sintomi d’intensità fluttuante, percepiti come estremamente invalidanti. Al termine delle tre settimane, il soggetto ha riportato sintomi in riduzione dal punto di vista dello stress, dell’ansia e dei sintomi percepiti quotidianamente.

meditazione zen naturaSono molti, inoltre, gli studi che hanno confermato il legame, più in generale, tra una qualsiasi pratica meditativa e la riduzione dell’ansia. Il legame tra ansia, corpo e mente, del resto, è molto intenso: imparare a isolare e ignorare i pensieri ricorrenti, le tensioni e le preoccupazioni che derivano dall’ansia significa ridurre anche i sintomi fisici di questo disturbo.

A sua volta, il maggior stato di benessere restituirà alla persona la sensazione di poter essere padrona del proprio corpo e della propria mente, ritrovando quella forza e sicurezza in sé che è fondamentale per sottrarsi al senso di paura perenne dettato dall’ansia.

Migliori capacità di concentrazione

Abbiamo detto più volte che la meditazione zen consente di migliorare le capacità di concentrazione di una persona: ecco un esempio tratto da uno studio scientifico che permette di capire più in concreto quanto questo fatto sia importante e in che modo possa impattare sulla vita di tutti i giorni.

Uno studio condotto nel 2007 su un gruppo di musicisti ha dimostrato che la meditazione zen può influire positivamente sulla qualità della performance sul palco. Lo studio ha coinvolto diciannove partecipanti, selezionati all’interno di alcuni conservatori. Una parte di essi è stata assegnata a un gruppo nel quale la pratica meditativa è stata eseguita ogni giorno, mentre l’altro gruppo non si è sottoposto a sedute di meditazione zen.

Dopo otto settimane, entrambi i gruppi sono stati coinvolti in una performance musicale di fronte a un pubblico. Sono stati valutati poi due fattori: da una parte la qualità della performance musicale in sé, dall’altra i livelli d’ansia dei musicisti. Il gruppo di controllo ha mostrato una qualità della performance in lieve calo rispetto alle prove eseguite senza la presenza del pubblico, e un aumento dei livelli di ansia.

Per i musicisti che si sono sottoposti alle sedute di meditazione, invece, i risultati sono stati esattamente l’opposto: la performance musicale ha mostrato dei miglioramenti rispetto alle esecuzioni senza pubblico eseguite all’inizio del periodo di analisi, mentre i livelli di ansia sono calati.

Naturalmente, i benefici della meditazione zen non impattano positivamente soltanto sulle performance musicali: minore ansia e maggiore concentrazione sono tutti fattori che nella vita quotidiana possono aiutare a ottenere migliori risultati in ambito scolastico o professionale.

I benefici della meditazione zen sul corpo

Dal momento che i benefici psicologici ed emotivi della meditazione zen si traducono in effetti concreti (miglioramento delle performance, della memoria, delle capacità relazionali…) va da sé che anche dal punto di vista fisico si possono rilevare degli effetti concreti. Quanto la meditazione zen possa influire sul corpo, però, potrà sorprenderti.

Gli effetti della meditazione zen sull’apparato cardiocircolatorio

Analizzando tramite elettrocardiogramma il ritmo cardiaco durante la meditazione, uno studio condotto nel 2005 dai ricercatori dell’Università di Witten – Herdecke, in Germania, ha permesso di coglierne le variazioni in rapporto alla respirazione.

Durante la meditazione, il respiro si fa lento e profondo e ciò influisce anche sul cuore, che decelera il proprio ritmo. Questo effetto si riscontra anche in chi pratica la meditazione la prima volta, a riprova di quanto anche una sola seduta possa essere benefica. Naturalmente, gli effetti sono momentanei, ma imparare a controllare il proprio respiro e, di conseguenza, il proprio corpo non è una cosa di poco conto: la meditazione può diventare così una risorsa a disposizione di chi, magari a causa di stati ansiosi, soffre di episodi tachicardici.

La meditazione, fa bene alla mente ma anche al cuore, favorendo la prevenzione di episodi tachicardici nei soggetti sensibili o costituendo comunque una risorsa in più per provare a prevenire o controllare gli episodi quando essi si manifestano.

Ancora una volta, questo effetto positivo ha ricadute bilaterali: in questo caso è la mente a rilassarsi, se il ritmo del cuore decelera e il respiro si fa profondo. Insieme, quindi, corpo e mente collaborano per una maggiore sensazione di benessere che si potrà imparare a conservare sempre più a lungo dopo la pratica meditativa, tenendola con se durante la giornata.

Musica per la meditazione zen

Molte forme di meditazione prevedono che la pratica venga eseguita in un luogo nel quale regna il totale silenzio, o comunque la concentrazione prevede di ignorare gli stimoli esterni in quanto fonti di distrazione. Alcune discipline prevedono soltanto che sia la persona che medita ad emettere dei suoni, ovvero i mantra: in questo caso, la voce e le sue vibrazioni sono considerate utili a mantenere la concentrazione e a connettere la mente con il corpo.

La meditazione zen si distingue da questo punto di vista: essa può essere praticata con la musica, purché i suoni siano adatti a favorire la concentrazione. Vediamo cosa questo significa in pratica.

La musica consigliata per la meditazione zen è musica pensata per favorire il rilassamento: sarà dunque musica lenta, con suoni che richiamano quelli della natura, magari con linee vocali ma senza che vi siano effettivamente parole, che potrebbero distogliere l’attenzione anziché favorire la concentrazione.

È possibile acquistare raccolte musicali specifiche per la meditazione zen, che non di rado si rifanno alla tradizione musicale giapponese o comunque orientale, luoghi nei quali ha avuto origine questa disciplina.

La musica deve essere ascoltata a un volume non troppo alto: ricorda sempre che deve essere usata come strumento per favorire la tua concentrazione su te stesso, non per distrarla e portarla altrove.

meditazione nella naturaAnziché usare un sottofondo musicale vero e proprio, molte persone preferiscono invece meditare ascoltando suoni della natura. In piena città, non è certo facile percepire come unico suono il canto degli uccelli, le fronde che si muovono nel vento o l’acqua di un fiume che scorre. Eppure, questi suoni sono utili anche a coprire i rumori esterni disturbanti, come il vociare dalla strada o i rumori del traffico.

Ecco perché è possibile acquistare anche compilation di suoni naturali: è possibile scegliere tra una grande varietà di suoni che aiutano a concentrarsi e a sentirsi più in connessione con se stessi e con il mondo, allontanando la mente dai pensieri che invece caratterizzano lo stile di vita moderno, frenetico e caotico.

Stile di vita zen

Come abbiamo avuto modo di vedere, lo zen è più di una semplice pratica meditativa: i fondamenti di questo pensiero dunque possono essere estesi dalla meditazione alla quotidianità. Essa riveste comunque un ruolo fondamentale nel pensiero zen, tanto che viene considerata uno dei suoi tre pilastri. Accanto a zazen (il nome corretto per questa forma di meditazione), gli altri due pilastri sono koan e satori.

Lo zazen è la meditazione seduta che porta allo svuotamento della mente da ogni tipo di pensiero per arrivare a cogliere il puro essere. La meditazione zazen può essere effettuata in diversi modi: lo sbikantaza, che consiste nel fare zazen di fronte a un muro, senza sforzarsi di eliminare il flusso dei pensieri, lasciando che si esaurisca in modo autonomo.

Il secondo modo, come visto, consiste nel focalizzarsi sulla respirazione, mentre il terzo mezzo è il koan, ovvero concentrarsi su un aneddoto o un quesito che esula dal senso logico, per il quale la razionalità non può trovare una risposta. Si tratta di un metodo per costringere la mente ad abbandonare la logica e intraprendere nuovi percorsi.

Liberando questa capacità della mente, per la persona – secondo il pensiero zen – sarà più facile raggiungere l’illuminazione, riuscendo a contemplare la realtà per ciò che realmente è. Questo pensiero si traduce poi in uno stile di vita preciso, definito come wabi – sabi.

Wabi – sabi è fondamentalmente la traduzione della dottrina zen negli atti della vita quotidiana per riuscire a trascendere il pensiero razionale e percorrere la via dell’illuminazione. Si tratta di adottare uno stile di vita sobrio, che possa infondere una sensazione di perfetto equilibrio e che rende possibile di vivere ogni giorno quasi come se la mente fosse sempre immersa nella pratica meditativa, divenendo perfettamente immersa nel flusso dell’esistenza.

Si tratta di uno stile di vita puro, volto a cogliere l’essenzialità, eliminando pulsioni e distrazioni. Un pensiero difficile non solo da accogliere, ma anche solo da comprendere all’interno di una cultura, quella occidentale moderna, volta al riempimento della vita e alla continua rincorsa del soddisfacimento dei propri desideri.

Il terzo fondamento della dottrina zen, infine è satori, ovvero il fine ultimo della meditazione, il cosiddetto risveglio spirituale. È un superamento dei confini dell’io pensante, riuscendo intuitivamente a percepirsi come divenire ed essere, come parte del tutto, proiettandosi nel momento presente e annullando l’io cosciente attraverso la piena partecipazione al mondo esterno, senza che vi sia più confine tra esteriorità ed interiorità.

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