La meditazione e lo yoga sono entrati in punta di piedi nel nostro stile di vita quotidiano. Gli effetti che propongono per il corpo e per la mente sono così positivi e ricchi di pace e benessere che moltissime sono le persone che, ogni giorno, si avvicinano a questo tipo di discipline.
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Oggi vogliamo puntare l’attenzione su una parte della meditazione forse poco o, addirittura, per nulla conosciuta. Stiamo parlando della fetta relativa alla consapevolezza, meglio definita come mindfulness. Ma di che cosa si tratta esattamente? Che cosa significa?
Prima di tutto devi sapere che in origine si trattava di un’antica tecnica di meditazione buddista, ma grazie agli effetti straordinari che dona alla nostra psiche, dal 1970 è stata approvata senza se e senza ma, evolvendosi con il tempo in una serie di corsi e terapie alla portata di tutti.
Il metodo consiste nella consapevolezza del momento, ossia ti permette di focalizzarti sull’istante che stai vivendo e di percepire i pensieri e le emozioni che scorrono nella tua psiche.
Durante gli anni la correlazione tra mindfulness e cervello è stata pienamente accettata anche dalla scienza che l’ha utilizzata come terapia utile ad assopire l’ansia e a contrastare la depressione, ma i ricercatori stanno anche effettuando altri studi per capire in che modo la meditazione consapevole possa fornire il suo contributo a persone che soffrono di dolore cronico, dipendenze varie, sindrome del colon irritabile, acufene e persino cancro e HIV.
Tutto questo spiana la strada a un nuovo modo di pensare e di vedere l’arte della meditazione la quale offre, come possiamo ben vedere, notevoli spunti per sentirci pienamente soddisfatti e in armonia con il nostro io interiore ed esteriore.
Gli studiosi, infatti, stanno conducendo ricerche ed esperimenti per comprendere e valutare come le differenti regioni del cervello comunicano tra di loro e come la meditazione consapevole influisca in maniera scientifica nella manipolazione del nostro modo di pensare.
Sì, perché se c’è qualcosa che gli scienziati sono riusciti a scoprire di questa particolare, intrigante e affascinante tecnica è il fatto che questa sia davvero in grado di modificare in maniera profonda e radicale il modo in cui le parti del cervello entrano in comunicazione per donarci quegli effetti benefici che proviamo in quei determinati momenti i quali vengono portati con noi anche nel tempo a venire.
È, quindi, assodato che tra mindfulness e cervello vi sia una certa correlazione e che questa influisca positivamente sul nostro modo di pensare, suggerendoci uno stile di vita totalmente nuovo, ricco di sensazioni piacevoli e di soddisfazione personale.
Uno degli studi più influenti in questa materia è senza ombra di dubbio una ricerca del 2010 pubblicata sul Psychiatry Research Neuroimaging che è riuscita a dimostrare come chi pratica la meditazione mindfulness per circa 30 minuti al giorno per un periodo di otto settimane, è in grado di avvertire un forte cambiamento positivo e “subisce” un notevole aumento di densità della materia grigia in aree del cervello associate alla memoria, all’autostima, all’empatia e allo stress.
Mindfulness e Cervello: Come Funziona?
Lo studio linkato in precedenza ti ha dimostrato come la relazione tra mindfulness e cervello funzioni e ci porti solo vantaggi. Ma come è stata portata avanti questa ricerca? Gli studiosi come sono arrivati a fare queste affermazioni?
Le risposte provengono niente di meno che dalle scansioni che gli esperti hanno eseguito sull’organo principale dei partecipanti all’esperimento, prima e dopo la sessione di meditazione consapevole. Queste hanno mostrato un aumento della materia grigia all’interno della zona dell’ippocampo la quale non è altro che una parte molto importante utilizzata nell’apprendimento e nella memoria.
Le immagini hanno anche fatto vedere una riduzione di questa nella zona dell’amigdala, una regione cerebrale collegata allo stato di ansia e allo stress.
Chi, invece, non ha partecipato al gruppo di meditazione, non ha avuto alcun cambiamento.
La ricerca in questione è stata promossa e condotta direttamente da Britta Hölzel, una psicologa che presta le sue opere intellettuali e le sue competenze presso il Massachusetts General Hospital e l’Harvard Medical School.
La dottoressa ci fa sapere che l’idea principale di tale esperimento era quella di utilizzare diversi oggetti che potessero attirare l’attenzione delle persone come, per esempio, il movimento del torace durante la respirazione controllata, emozioni particolari, pensieri e sensazioni prodotti dal corpo. Si è trattato di capire se concentrarsi su una determinata cosa oppure permettere alla mente di vagare tranquillamente alla deriva.
In genere, chi medita lo fa in posizione seduta, che sia su una sedia o sulla superficie fredda del pavimento non importa, e in silenzio, ma a volte può esserci la presenza di un istruttore che conduce la sessione in modo da aiutare chi si approccia per la prima volta a questa disciplina ad abbracciare in pieno le sue proprietà benefiche.
Ovviamente, è necessario e fondamentale ricordare che il cervello umano è estremamente complicato e comprendere a fondo cosa c’è dietro all’aumento di densità della materia grigia è un percorso ancora piuttosto lungo e intricato.
È, infatti, molto difficile riuscire a individuare i vantaggi di questa tecnica ma uno studio pubblicato sull’American Heart Association è riuscito a dimostrare come la meditazione consapevole possa ridurre la pressione sanguigna in pazienti affetti da malattie coronariche.
Una seconda ricerca datata 2007 e pubblicata su PloS Biology ha dimostrato che chi medita riesce a mantenere alta la concentrazione più a lungo di chi non pratica.
Un anno più tardi è il turno di un esperimento pubblicato sulla rivista PLoS ONE che è riuscita nell’impresa di mostrare come i mindfulness esercizi attivino maggiormente le congiunture parietali temporali, una parte del cervello legata all’empatia.
La dimostrazione è avvenuta dividendo i soggetti in due gruppi e facendo ascoltare a entrambi il suono che emette una persona in preda alla sofferenza. Questo fa notare come chi è coinvolto nella meditazione sia più disposto alla consapevolezza e all’azione durante una richiesta di aiuto.
Sono certamente necessari altri studi su questo complicato settore per capire quanto sia profonda la connessione tra mindfulness e cervello, ma precedenti ricerche hanno rilevato che in effetti esistono alcune differenze strutturali tra i movimenti cerebrali di chi si applica in questa disciplina e di chi, invece, ha altri interessi.
Ciò che però gli studiosi vogliono riuscire a mettere su carta sono i miglioramenti che essa dà nella vita quotidiana delle persone. Cosa ne pensi, siamo sulla buona strana?