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“Medito così che la mia mente non complichi la mia vita.” –Sri Chinmoy, religioso, artista e poeta indiano.

La pratica della meditazione accoglie nel suo significato più profondo diverse concezioni, temi molto importanti su numerosi livelli nella vita quotidiana: nella storia, infatti, la meditazione è fin dall’antichità uno strumento per conoscere meglio se stessi e il mondo. La meditazione rientra in diverse culture sotto forma di filosofia, o pratica religiosa, oppure come pratica laica volta alla ricerca del benessere psicofisico.

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meditazioneNella società moderna, meditare è uno dei metodi più usati per placare la mente e gli stati d’ansia, trovare la concentrazione, approfondire la coscienza di sé, migliorare la propria energia. Alla luce delle moderne ricerche scientifiche, l’uomo è riuscito a comprendere il rapporto tra fisico e mente e a cogliere i molti benefici della meditazione anche a livello razionale.

Ad esempio, attraverso il monitoraggio delle scansioni cerebrali, si evidenziano risultati sorprendenti e molto positivi sui soggetti che meditano con continuità. Alcuni degli effetti studiati e verificati sono la riduzione del dolore, il miglioramento degli stadi depressivi, delle facoltà cognitive come la memoria, la capacità di scelta o la sopportazione dello stress.

Nel mondo occidentale, tuttavia, la meditazione non è così diffusa come si pensa. Il grande ostacolo a questo modo di prendersi cura della salute è la cultura di base: questa nasce da un modello di società sempre più frenetico, volto ad occupare il tempo in mille modi e mille pensieri, senza che vi sia davvero spazio per l’ozio contemplativo, per le azioni volte alla pura conoscenza. In poche parole, nel mondo occidentale non sempre la meditazione trova giusto spazio.

Essa necessita infatti di spazi specifici, di tempo, di pazienza, delle giuste risorse per essere praticata. Eppure, la meditazione è una pratica che accomuna tantissime filosofie e religioni, anche molto diverse e lontane tra loro, a riprova del fatto che si tratta di una disciplina sviluppata con sfumature differenti, ma fondamentalmente universale.

Storia e origine della meditazione Osho

Osho Rajneesh, scomparso nel 1990, è stato un grande filosofo e maestro spirituale indiano, contrario alle religioni cosiddette “organizzate” e ai sistemi di potere ad esse connessi. Egli riuscì a raggiungere un largo seguito internazionale, dopo numerose innovazioni sia nel campo mistico sia in quello spirituale. Nato Chandra Mohan Jain, negli anni ottanta cominciò ad usare il nome di Osho Rajneesh, che poi ridusse a Osho.

Quest’ultimo ha più volte spiegato che il suo nome, scelto per essere ricordato, proviene da “Oceanico” (pronunciato “osheanic”, in inglese), termine che venne usato per primo dal filosofo inglese William James per indicare l’esperienza del “dissolversi nell’oceano dell’esistenza”.

Osho considerava le credenze religiose quasi al pari di superstizione, come fossero ostacoli che si frapponevano tra l’individuo e il suo raggiungimento dell’illuminazione. La meditazione con Osho diventa dunque una filosofia, una pratica laica ma volta alla profonda conoscenza del mondo. Questo tipo di pensiero ha avuto davvero un forte impatto, specialmente sul pensiero New Age occidentale e in generale sulla cultura nata dopo gli anni Sessanta.

La meditazione secondo il maestro Osho è uno stato naturale dell’essere, un qualcosa che si è perso negli anni, ma che può essere recuperato attraverso la pratica. Dal momento che la meditazione Osho non rappresenta un metodo particolarmente complicato o mistico, essa è tra le scelte migliori e vincenti per chi si approccia alla meditazione per la prima volta.

Secondo Osho, la pratica della meditazione porta l’individuo ad uno stato di presenza di sé profondo, di piena consapevolezza del proprio silenzio interiore, è un qualcosa che porta “oltre la mente”. Non va spiegata con grandi parole, da frasi specifiche o esaustive, va solo sperimentata: è un’esperienza in cui la mente, il pensiero, vengono trascesi, oltrepassati.

Questo metodo non comprende tradizioni o pensieri spirituali, è un atto che non va forzato con la volontà, ma una disciplina che deve manifestarsi in maniera spontanea, in quanto stato di, chiamiamola, “non mente”. Come un bambino, che guarda il mondo con fascino e curiosità, gli occhi di chi pratica la meditazione Osho e la mente devono essere così puri ed innocenti nella contemplazione di ciò che ci circonda.

Nonostante spesso la pratica della meditazione sia legata alla ripetizione di un mantra, di un ciclo, di qualcosa che favorisca la concentrazione, per Osho il concetto cardine è proprio l’opposto. Secondo il maestro spirituale, meditare è proprio non fare nulla e saper stare in quel fare nulla.

Cosa molto difficile per chi, nato e cresciuto nella società occidentale, è abituato a ritmi serrati e ad una sensazione di obbligo nel dover fare qualcosa. Tutto ciò e stato amplificato, per esempio, dall’uso dei social media, la ricezione delle notifiche che ci obbliga a rimanere sempre a disposizione, a restare in contatto in ogni momento. Questo tipo di stile di vita genera una serie di conseguenze a vari livelli, come stimolare la produzione di adrenalina e dopamina, sostanze legate anche allo stress, che allontanano la pace interiore.

Per noi, oggi, la meditazione rappresenta una vera sfida: quella di sedere, in silenzio, senza pensare e senza che stimoli esterni siano di disturbo.

La vera meditazione secondo Osho

Nonostante gli ostacoli dettati dallo stile di vita occidentale, la meditazione Osho ha accolto molti proseliti perché semplice, intuitiva, naturale e funzionante. Il piccolo segreto, seppur semplice, il cardine fondamentale, è meditare e contemplare. Proprio la contemplazione, sinonimo di meditazione, rivolta a sé stessi, porta alla pace. La contemplazione va esercitata con accettazione di sé, con compassione, senza giudizi di sorta: una semplice osservazione non giudicante.

In pratica l’osservazione praticata da Osho dev’essere coesa con il rimanere sé stessi, riempirsi di gentilezza: questo secondo il maestro è tutto. Il fatto di concentrarsi sui mantra, concetto così popolare nei metodi classici di meditazione, è relativo: per Osho, è come rifugiarsi all’esterno di noi stessi, semplicemente mantenendosi occupati, fuggendo dall’io più profondo perché non lo si osserva.

meditazione dinamicaSicuramente altri tipi di meditazione che si basano sui mantra sono utili se rivolti verso pensieri specifici – ad esempio l’amore, il lavoro, dover prendere un’importante decisione -, tuttavia la meditazione Osho in questo senso è totale, perché osserva e scruta ogni lato di sé senza legarsi a nessun tipo di pensiero, neppure una parola ripetuta. Allo stesso modo, concentrarsi sulla respirazione dissipa energia, invece che accumularla: secondo Osho, è una sensazione di riposo fallace.

Come si pratica la meditazione Osho

Le tecniche di meditazione di Osho vanno incontro a quelli che risultano essere i vari bisogni dell’uomo moderno, che fatica a trovare le condizioni tradizionali ideali per la meditazione, come il silenzio, uno spazio confortevole senza distrazioni, la concentrazione.

Non esiste un vero e proprio metodo per contrastare tutte le difficoltà che derivano dai tempi stretti imposto dal lavoro, dalle responsabilità che impone la famiglia, le preoccupazioni per i propri cari: la ricetta perfetta, quella della felicità, purtroppo non esiste. Tuttavia, con la meditazione Osho, si può trovare uno spazio mentale ancora prima che fisico da dedicare alla lentezza e al tempo osservato anziché riempito a tutti i costi.

Si suggerisce di cominciare a meditare in maniera continuativa, cadenzata e progressiva. Si può cominciare, ad esempio, con 5 minuti al giorno per una settimana, utilizzando un timer. In seguito si passa a 7 minuti, quindi 10 minuti, e così via, abituandosi alla pratica e allo stato della mente durante la meditazione Osho.

All’inizio, infatti, potrebbe risultare difficile concentrarsi “sul nulla”, perché non siamo più abituati a svuotare la mente. Non riuscire a farlo potrebbe risultare frustrante, ma con la pratica regolare si noteranno gradualmente miglioramenti crescenti.

Alcuni maestri suggeriscono poi di meditare a seconda dei minuti a disposizione, perfino dei secondi: quando si è in coda per esempio al supermercato, nelle pause del lavoro, e così via. Infatti, secondo Osho, una volta comprese le dinamiche della meditazione e migliorate le proprie capacità di concentrazione, bastano pochi secondi per ricollegarsi alla parte più profonda e silenziosa di sé, guadagnando la tranquillità.

Certamente, meditare è un’attività difficile da praticare in una società come la nostra. Tuttavia, se svolta nel modo giusto e con la giusta costanza, la meditazione ci ricompensa con un grande senso di equilibrio, un profondo senso di serenità, energia e felicità, risorse preziose che inconsciamente vorremmo tutti avere, ma che dimentichiamo spesso di coltivare.

Il concetto di meditazione dinamica di Osho

Stare seduti e provare a rilassarsi entrando in contatto con la parte più profonda di noi stessi è davvero molto difficile. La testa andrà completamente altrove: devo fare, devo andare, devo chiamare. Il cervello si riempirà di pensieri e la concentrazione tarderà ad arrivare, e qui entra in gioco il concetto che prima è stato accennato, ovvero quello di meditazione dinamica.

La meditazione dinamica di Osho è stata creata proprio per riuscire a sperimentare e esprimere con consapevolezza le emozioni nascoste e approcciarsi al mondo in un modo che va oltre gli schemi abituali. Questa pratica mira alla felicità interiore, per insegnare a volersi ancora più bene, ascoltarsi e comprendersi.

Le differenti tecniche utilizzate durante la meditazione attiva sono molto forti a livello emozionale. Potrai ritrovarti con gli occhi lucidi o con un sorriso gigante senza nemmeno rendertene realmente conto, e questo solo nelle prime fasi in cui ci si “svuota” da pensieri e preoccupazioni.
Sono tecniche diverse, molto distanti a volte tra loro, infatti Osho predilige meditare secondo dei metodi caotici per permettere al cervello di rilassarsi e non entrare in gioco, ma esistono anche metodi di respirazione per favorire la concentrazione.

Il centro di tutto, la partenza della meditazione dinamica deve essere il cuore, che per una volta si impone davanti al cervello nella scelta delle emozioni, di cosa osservare, di cosa lasciare che entri in noi e resti per far crescere l’amore e la gratitudine che ci eleverà.

C’è un detto che esprime molto bene questo concetto attorno al quale orbita la meditazione Osho:
“Se chiedete ad un monaco Zen, “Dov’è la parte in cui pensi?” metterà le mani sulla pancia.”
Quindi il cuore, prima di tutto, è foriero di verità, di consigli e dei disturbi sia del corpo che della mente. Come imparare ad ascoltarlo?

Anche per questo il concetto di meditazione dinamica di Osho è formato da differenti tecniche: è una meditazione che si svolge in movimento, dove non è detto che ci debbano essere degli stadi precisi da rispettare.
Ad esempio, ci si sfoga parlando o urlando con parole inventate, guardando una persona negli occhi senza limitazioni, danzando e lasciando che il corpo si sciolga, dicendo cose e ripetendole.

Alcuni di questi esercizi preparatori possono essere ritrovati nelle terapie della moderna psicoterapia occidentale e consistono nell’alterazione del respiro, nel gibberish (ovvero appunto esprimersi in un linguaggio sconosciuto), nel piangere o ridere liberamente, danzare e muovere il corpo fino a raggiungere lo stato di catarsi, cioè di crollo delle sovrastrutture mentali e liberazione attraverso un’esplosione emozionale.

In questo modo si liberano il corpo e la psiche da tutti quei blocchi emozionali che impediscono la libera espressione di sé nella vita quotidiana.

Osho ha in pratica rivisto e reintrodotto anche alcune tecniche tradizionali di meditazione, riducendole alla loro più essenziale espressione, depurandole dai rituali e dai formalismi, e mantenendone le parti maggiormente terapeutiche. Inoltre, sostenne la teoria per la quale lo stato meditativo può essere raggiunto e mantenuto, con una sufficiente pratica, anche attraverso le azioni quotidiane.

Osho individuò, oltre a tecniche attive, dei metodi finalizzati a calmare la mente, a creare uno spazio di silenzio e consapevolezza necessario alla meditazione.

Queste tecniche di meditazioni sono molte. Le principali proposte da Osho vengono chiamate Meditazioni attive. Si tratta di una serie di esercizi e metodi che comprendono diverse meditazioni:

Meditazione Dinamica

meditazione urloVediamola più nel dettaglio, per rendere l’idea di quanto sia innovativa la meditazione introdotta da Osho rispetto alla maggioranza dei metodi meditativi diffusi fino a quel momento.
Questa è la più nota tra le meditazioni diffuse da Osho. Si compone di cinque stadi o fasi. Nei primi tre stadi, è necessario completare la meditazione con totalità, perché nel corpo non rimanga alcun tipo di energia statica, in modo che la mente possa alienarsi da tutti i pensieri, non possa creare sogni o immaginazioni, insomma non si distragga.

Quando questa energia è esaurita, si è da soli con sé stessi e comincia il quarto stadio. Il quarto stadio è un’osservazione silenziosa, come dicevamo prima, un’osservazione di sé. Il quinto stadio, il più alto, è dedicato alla gioia e alla celebrazione. Questa meditazione va eseguita al mattino presto, a stomaco vuoto, suddividendo i vari stadi in questo modo:

Primo stadio (10 minuti di musica): Respirare in modo caotico e rapido, con il naso, senza alcun ritmo. Questo per rompere gli schemi mentali e prepararsi a liberare le emozioni represse.

Secondo stadio (10 minuti di musica): Sfogarsi con risa, urla, pianti, e scuotimenti del corpo. Qualsiasi cosa affiori nella mente, esprimerla totalmente.

Terzo stadio (10 minuti di musica): saltare con le mani alzate e urlare a gran voce il mantra: “Hu! Hu! Hu!”. Esaurire totalmente la forza fisica.

Quarto stadio (15 minuti di silenzio): Congelarsi esattamente dove ci si trova, in qualsiasi posizione si è. In questo arresto, si diventa un osservatore del proprio corpo e della propria mente.

Quinto stadio (15 minuti di musica): celebrare e gioire al suono della musica, esprimendo la propria gratitudine al Tutto. Portare con sé, per tutta la giornata, la vitalità ritrovata.”

Meditazione Nadabrahma

Nadabrahma è la meditazione detta dell’“humming”. Si pratica infatti con l’emissione del suono “mmm”, a bocca chiusa. Le mani producono movimenti che alla lunga si sincronizzano al suono, portando armonia al corpo e alla mente. Poi, mantenendo la totale sintonia, si comincia la fase di osservazione scivolando fuori sia dal corpo sia dalla mente. Questo osservare dall’esterno è ciò che porta pace, silenzio e beatitudine.

Meditazione Kundalini

Questo tipo di meditazione è stata pensata e finalizzata a risvegliare una particolare forma di energia, denominata appunto Kundalini. Con Kundalini normalmente si intende una forma di energia residuale, che discende e proviene dalla creazione ed è presente in ciascuno di noi. È una forza generatrice, qualcosa di diverso dalle energie tradizionali del prana (energia vitale) e fohat (energia del movimento). L’energia Kundalini è situata nella zona dell’osso sacro, posto alla base della colonna vertebrale, dove si trova secondo tradizione anche il più basso dei chakra.

Mediatazione Nataraj

Nataraj è, semplicemente, l’energia della danza. Si tratta di danza come espletamento della meditazione, in maniera totale. Qui le divisioni interiori, le preoccupazioni, lo stress e i pensieri scompaiono e rimane una consapevolezza sottile e rilassata.

Dove si pratica la meditazione Osho?

La meditazione Osho nelle sue declinazioni può essere appresa frequentando uno dei molti corsi di meditazione Osho presenti in Italia, presso scuole di meditazione Osho e associazioni varie. Inoltre, attraverso il web, si possono reperire libri, lezioni video e molto altro.

Nell’introdurre questo gioco della meditazione nella propria vita, è importante ricordare che si può cambiare il metodo in base a come ci si sente: alcuni potrebbero aver bisogno di sfogare un eccesso dì tensioni trattenute, altri potrebbero avere la necessità di fluire, altri ancora di risvegliare sensibilità e sensi soffocati da giornate trascorse in spazi angusti e affollati. Nulla è definibile a priori!

Osho dice proprio che nella sua realtà più intima, la vita è una corda tesa tra due abissi, e a ogni istante occorre riequilibrarsi. In quest’ottica, soltanto ciascuno di noi può sapere ciò di cui ha bisogno nel momento: riposo o azione, stare un po’ con se stesso o incontrare l’altro, amare o amarsi.

Altre meditazioni attive di Osho: la meditazione vipassana

È stata la lingua Pali a creare il termine vipassana, che significa proprio “vedere chiaramente”, o “guardare dentro”. La meditazione vipassana è una delle tecniche più antiche al mondo, un metodo che nasce addirittura dalla tradizione Buddhista theravada. La vipassana è stata praticata dal Buddha 2500 anni fa come rimedio universale per qualunque tipo di sofferenza, ed è stata poi ripresa da Osho ed inserita nella sua teoria della meditazione.

Buddha descrive questo metodo nel suo Discorso sui fondamenti della consapevolezza (Satipatthana Sutta). In pratica, la pratica meditativa attraverso il metodo vipassana permette di liberarsi dall’abitudine a reagire, azione considerata fonte di molto stress e, attraverso una serie di fasi che portano ad una profonda auto-trasformazione, il percorso permette di affrontare lo stress, le decisioni, gli ostacoli della vita in modo più equilibrato e corretto.

La meditazione attraverso la tecnica vipassana viene definita anche “meditazione di visione penetrativa” o di “visione profonda”. Questo accade proprio per via dell’attenzione rivolta alla contemplazione del reale, di se stessi e del mondo, ce prende le mosse dall’attenzione al qui ed ora, a ciò che accade in noi in quel momento preciso e alle sensazioni percepite dal proprio corpo. Durante la meditazione vipassana si passa da un livello di conoscenza di sé superficiale a uno sempre più approfondito e consapevole, allontanandosi dalle passioni che sono considerate la principale causa di sofferenza.

Per chi è adatta la meditazione Osho

meditazione dinamica saltiOsho ha perfezionato le tecniche della meditazione per anni, nell’ottica di adattarle ai bisogni dell’uomo moderno. Come accennato prima, chi conduce uno stile di vita occidentale subisce gli effetti di una società frenetica e veloce, una società che non permette all’individuo di potersi fermare per dedicarsi al proprio benessere mentale.

Osho comprese che, perché l’uomo occidentale meditasse e beneficiasse degli effetti positivi della meditazione, era necessario che la pratica venisse modificata, non però stravolta totalmente. Quindi, grazie alle tecniche di meditazione Osho, la pratica della meditazione si è diffusa perché nuova, anche rumorosa e movimentata, fatta di una danza vorticosa o emozioni urlate.

Si tratta di una forma di meditazione estremamente diversa da quelle più antiche, che prevedono l’assenza di movimento o il ricorso a movimenti lenti e pratiche silenziose.

Il suggerimento del maestro Osho è quello di sperimentare ogni tecnica di meditazione per tre giorni, e quindi capire quale sia adatta a ciascuno di noi. Secondo Osho, se sperimentando non si avverte alcun cambiamento, se la tecnica non sembra adatta, se ne può provare un’altra. Capita all’inizio di non essere capaci di vedere noi stessi e di osservarci con chiarezza.

Meditazione per chi ha fretta, il libro sulla meditazione di Osho

Osho ha raccolto le sue teorie all’interno di un libro molto utile a comprenderle, sopratutto da parte di chi si avvicina alla meditazione per la prima volta. Sin dal titolo, è chiaro che Osho parla direttamente al mondo moderno, con esigenze e problematiche del tutto caratterizzanti l’epoca contemporanea. Ecco un estratto dal libro di Osho “Meditazione per chi ha Fretta”:

“Il passato era più sano, da un punto di vista spirituale, e questo perché la mente non era sollecitata da così tanti stimoli insieme; non era sovraccaricata. Oggi lo è, e ciò che non viene assimilato crea nevrosi. In pratica è come mangiare e riempire il corpo di continuo: ciò che non viene digerito si rivela un veleno, e quello che mangi è meno ‘pesante’ di ciò che senti e che vedi.
Dai tuoi occhi, dalle tue orecchie, da tutti i tuoi sensi, ogni istante ricevi mille e uno stimolo. E non hai il tempo per assimilare. È come essere seduti a un tavolo da pranzo e mangiare, mangiare e mangiare, ventiquattr’ore su ventiquattro.”
Osho

Osho identifica questo come la radice dei problemi dell’era moderna, la situazione in cui si trova la mente dell’uomo contemporaneo: sovraccarica, bersagliata da un’infinità di cose che la appesantiscono. Non è quindi una sorpresa che crolli, prima o poi. Ogni meccanismo ha dei limiti, e la mente è uno dei meccanismi più sottili e delicati.

Secondo la dottrina di Osho spiegata nel libro, una persona sana passa metà del suo tempo ad assimilare le sue esperienze. 50% azione, 50% non-azione: questo è il vero equilibrio. La cura, quindi, sarebbe l’equilibrio tra il tempo dedicato al pensiero e quello dedicato alla meditazione, che altro non è che un tempo in cui l’individuo si può rilassare completamente in se stesso, in cui si chiudono tutte le porte, i sensi, si evade dagli stimoli esterni.

Secondo Osho, in quei momenti tutto ciò che si è accumulato nella mente e nel corpo viene assimilato, ciò che non serve a niente viene espulso. La meditazione funziona perciò come una lama a doppio taglio: da un lato assimila tutto ciò che è nutriente, dall’altro rifiuta ed espelle tutto ciò che è superfluo.

Perché la meditazione Osho

Ad oggi, i disagi psicofisici e il disordine esistenziale spingono per fortuna sempre di più a prendersi cura di sé, alla ricerca di un equilibrio e di uno stile di vita più sano.
Diversi studi hanno portato alla luce quanto lo stress possa essere un fattore di rischio in grado di influire sulla prospettiva di vita e sulla mortalità. Lo stress può influenzare negativamente lo stato di salute sia di chi ha altre patologie in corso, sia di chi è sano. Basti pensare agli effetti dello stress sul cuore, o alla sua correlazione con la depressione.

Questo stato di cose visualizza la meditazione partendo quindi da uno stato di necessità: quando risulta evidente che un danno è stato fatto dallo stile di vita condotto. A quel punto, il semplice disagio potrebbe essere diventato un malessere continuo, aver preso la forma di una malattia psicosomatica o, addirittura, organica. In ogni caso può essere diventato qualcosa che non può più essere tenuto a bada soffocando i segnali dati dal corpo con farmaci che non vanno all’origine del problema.

In questo libro, Osho fornisce moltissimi consigli, insegnamenti o metodi, che non vogliono in alcun modo dichiararsi come sostitutivi ai farmaci, non stanno a sostituirsi alla diagnosi e/o alle prescrizioni di un medico, di uno psichiatra o di uno psicoterapeuta.

Inoltre, il libro e i suoi consigli non intendono suggerire l’interruzione di una cura o sostituirsi ad alcun intervento che la scienza medica ha prescritto, specialmente nel caso in cui la patologia abbia intaccato il corpo. La meditazione viene piuttosto identificata come una buona forma di prevenzione e come rimedio che può aiutare a contenere i sintomi dei disturbi ansiosi, riducendo l’insorgenza dello stress.

In questi momenti meditativi ideati per il benessere, affiora qualcosa nella vita di una persona, qualcosa che Osho determina come “anima”. Nel libro, Osho spiega questa realizzazione come un’essenza impalpabile. I maestri di vita nella storia e in ogni luogo determinano come elemento fondante della nostra esistenza proprio quest’anima; ed è questo che, in definitiva, dà significato al nostro agire.
Realizzato ciò, le intuizioni e insegnamenti di un maestro di realtà come Osho permettono di allargare la percezione di sé, allungarla verso l’esterno riuscendo così a stabilizzare la propria vita in una dimensione di benessere e di armonia psichica e fisica, salubre per eccellenza.

Gli insegnamenti e le direzioni suggerite in queste pagine sono parti fondamentali di qualsiasi cura connessa con l’anima, con l’elevazione della mente e con quel “disagio della civiltà” così diffuso al punto da essere arrivato ad un punto di criticità. Inoltre, i metodi consigliati da Osho sono validi come strumenti di prevenzione, oltre che di cura nel momento in cui si sia perso l’equilibrio!

La pratica della meditazione suggerita da Osho è semplice e diretta e non richiede alcuna conoscenza specifica, né presuppone fede o l’affidarsi a tradizioni, dogmi, dottrine. Sarà la semplice pratica e la costante sperimentazione a dare segnali di benessere continuativi e visibili.

Molti di quanti si sono avvicinati alla visione di Osho si sono infatti resi conto della necessità di affrontare il problema del proprio squilibrio esistenziale alla radice: la sensazione che la loro vita fosse sul punto di esplodere – di tante, troppe cose ignorate, subite, soffocate, tappate in profondità. Abitudini consolidatesi nel tempo, che hanno reso “normale” un comportamento repressivo, basato su un forte autocontrollo.

Il risultato è ovviamente un accumulo di cui si potrebbe non essere consapevoli, ma che si avverte come un peso dentro di noi, che grava proprio quando si ha bisogno di rilassarsi. Una bomba ad orologeria, che la meditazione aiuta a decodificare, sciogliere, risolvere.
Solo liberando lo spazio interiore da ogni accumulo sarà possibile una vita nuova e diversa; leggera e in grado di accogliere di nuovo il riposo come parte integrante dell’azione.

Senza la consapevolezza che è portata dalla corretta pratica della meditazione Osho, è probabile che anche la sperimentazione si riveli del tutto inefficace. Oppure, come spesso accade, si userà la meditazione come oasi felice, in cui rifugiarsi qualche minuto al giorno, per avere un po’ di tranquillità. Ma non ci si deve scordare che una vita viva e vissuta è un’altra cosa!

Come approcciare la meditazione secondo Osho

La meditazione, in generale, focalizza la tecnica attorno al concetto di consapevolezza: allenando la consapevolezza si può capire ciò che si cela nell’io profondo, si possono cogliere particolarità intorno a noi a cui prima non davamo attenzione, di conseguenza ci si apre a nuove possibilità ed occasioni. Consapevolezza non significa concentrazione, significa dialogare con l’interno di se stessi, lanciarsi al di fuori della norma quotidiana, osservare, capire.

Osho con la sua meditazione punta proprio a cambiare il modo usuale in cui prestiamo attenzione. La meditazione Osho aiuta ad essere più presenti, vigili, più attenti. Di conseguenza si sviluppano qualità quali l’empatia, l’autostima, l’intelligenza. Questo processo ci porta più vicini a noi stessi e al prossimo.

Vista la tendenza a ricordarsi di sé e a prendersi cura del proprio equilibrio psicofisico in stato di necessità, è consigliabile includere allora queste tecniche con la prospettiva di dedicare un po’ di tempo a se stessi! Prendere le distanze da obblighi e impegni, coltivare la consapevolezza della parte di noi in grado di gestire l’infinito procedere del mondo come un’opportunità, qualcosa di giocoso e creativo. A questo si può arrivare tramite il semplice ascolto di sé.

Una volta padroneggiata la tecnica, sarà facile notare ciò che occorre, ciò che prima non si riusciva ad individuare, per non essere più vittime di impegni, responsabilità, doveri. Si visualizzeranno in modo differente il concetto di meta, conquista, realizzazione – orizzonti che normalmente sembrano essere sempre lontani e irraggiungibili.

Osho specifica che lo spirito con cui bisognerebbe avvicinarsi alla meditazione non deve essere la conquista, oppure un dovere, un obbligo, un “fare anche questo” pur di stare bene, ma un non fare.
Come accennato prima, un imparare a rimanere nel “non fare”, così da iniziare a essere pienamente, e da lì dirigersi verso i piaceri semplici che fanno la differenza.

meditazione dinamicaIl beneficio più grande della meditazione Osho è certamente il fatto di imparare ad ascoltare se stessi. Il nostro corpo manda dei messaggi, così come l’organismo, e la meditazione renderà più facile cogliere intuitivamente ciò che occorre per riequilibrarsi nel momento.

Tra le tante innovazioni introdotte da Osho nel mondo della meditazione, una fa davvero la differenza: non è l’essere umano che deve adattarsi alla tecnica o al metodo di meditazione, ma sono i metodi che devono essere funzionali al singolo individuo!

È per questo che molte delle strategie proposte sono ideate per essere immediate, efficaci se fatte all’improvviso, proprio per rompere lo schema mentale dentro di noi che spinge a ridurre ogni cosa a “metodologia”, cosa che impedisce qualsiasi naturalezza e il normale fluire dell’energia vitale.

Nella quarta parte del libro vengono suggerite diverse tecniche molto efficaci, alcune delle quali abbiamo citato prima, con cui fare i primi esperimenti: rilassare il respiro, sviluppare l’attenzione, liberarsi nell’immediato delle tensioni.

L’accento posto da Osho sulla necessità di riequilibrarsi nasce dalla necessità di essere consapevoli di un centro, qualcosa che esiste in noi, ma che viene normalmente ignorato. È una connessione importante e non va sottovalutata: in tutto il libro si possono trovare gli strumenti utili per un processo di integrazione di base, in grado di aiutare a cambiare la prospettiva da cui guardiamo il mondo. Spesso il vero stress non dipende tanto dai fattori esterni, ma è legato principalmente al modo in cui noi interpretiamo ciò che ci capita.

In definitiva, non esiste un ordine o un punto di partenza da seguire: ciascuno può crearsi il proprio, una volta messo a fuoco ciò che si è e dove si è, nel momento. La meditazione non è un metodo scientifico o prettamente razionale: significa ascoltarsi e comprendersi.

Il consiglio è di non sforzarsi a etichettare o a capire tutte queste cose in quanto concetti: sarà la sperimentazione a offrire una definizione, e a suggerire ciò che può essere di maggior utilità volta per volta. Ben presto, l’intuizione che accompagna l’attivazione della consapevolezza aiuterà a scegliere tra i metodi proposti quello più in sintonia con sé stessi nel momento, e questo perché, passo dopo passo, risulterà evidente su cosa e dove occorre intervenire per riequilibrarsi.

Nel libro, Osho parla anche dello stile di vita alimentare. Imparare a nutrirsi nel modo giusto è fondamentale per trovare nel cibo ciò che può aiutare a contrastare gli effetti dannosi di una vita troppo soggetta al disordine. Come primo passo, è bene ricordare che noi siamo ciò che mangiamo; ma soprattutto siamo come mangiamo: Osho consiglia alcuni comportamenti utili per cambiare modo di nutrirsi, partendo da un’attitudine consapevole, così da perdere l’abitudine a ingurgitare cibo solo per riempirsi lo stomaco. Un altro modo per soffocare ciò che l’organismo vuole comunicare.

Ciò che Osho propone è una maggiore attenzione a ciò che mangiamo e a come il nostro corpo reagisce al cibo assunto: con un’accresciuta capacità di ascolto di se stessi, diviene più facile fare le scelte alimentari che sostengono il benessere, anziché lasciarsi tentare da impulsi momentanei.

Osho ha sempre consigliato ciò che definisce uno “sforzo consapevole”, il che vuol dire anche, in una società così sedentaria, un impegno iniziale tale da permettere all’energia vitale di tornare a fluire, liberandola da irrigidimenti di muscoli e articolazioni.
In questo modo si rende di nuovo fluido il proprio corpo: non per questo si deve esagerare, puntando tutto sullo sforzo.

Insomma, non occorre diventare un “professionista”, quanto piuttosto giocare e divertirsi, senza rendere un “lavoro” questo prendere coscienza di sé: non c’è nulla da conquistare. La leggerezza in questo senso è la cosa più utile, se si vuol dare spazio a ciò che si è.
E anche solo comprendere che esiste qualcosa di diverso aiuta nel lungo viaggio della vita a scegliere di dedicarsi a sè stessi con più amore, restando in uno spazio di ascolto, per prevenire il concatenarsi di eventi che porta a subire gli effetti di stress e inconsapevolezza.

Non a caso, Osho suggeriva:
“Scopri te stesso, altrimenti dovrai dipendere da altre persone che non sanno nulla di ciò che sono!”.

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